NESSUNA RESA!


Replying to ERANO 45 MILIONI DI FASCISTI GLI ITALIANI

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  1. Posted 8/12/2014, 01:21

    http://postimg.org/image/4462v9um3/



    Dalle Pagine di:
    "CRONOLOGIA", Anno 1943
    (…) "Erano 45 milioni di fascisti gli italiani, all'improvviso erano tutti antifascisti", commentò un americano. Ogni uomo rimase al suo posto, in una "continuità dello Stato". Gli istituti del fascismo cambiano nome e sono il "nuovo Stato", ma gli organismi, le gerarchie, gli addetti e quindi magistratura, Polizia, Finanza, impiegati ministeriali, insegnanti, provveditorati, presidi, parastatali, restano al loro posto operando un trasformismo contro ogni logica; e non è quello che viene presentato come il "Nuovo Stato Riformato" scaturito dalla (ma quale?) partecipazione e volontà popolare. Traditi e di traditori vanno a braccetto pur di accaparrarsi un posto. Nel Sud l'altro "Nuovo Stato" non era migliore, semmai di molto, ma di molto peggiore; al opportunismo (lui noto anticlericale) per la Chiesa invece non c'erano dubbi: a compiere il "miracolo" era stato merito "suo", dell'"Uomo inviato dalla Provvidenza" nel giorno della Madonna di Lourdes (11 gennaio - la data fu scelta appositamente per la firma. Se andava bene, "quello" sarebbe stato per sempre ricordato come un"miracolo").
    ***********
    (…) Infatti dandosi alla fuga a costoro nemmeno gli sfiorò la mente che così comportandosi davano la palese prova che tutta la loro vita precedente era stata una farsa; vissuta nell'ipocrisia (…) Ufficiali, sottufficiali e soldati avevano giurato a lui (Il Re - N.d.r.), e lui invece scappava nell'ora più critica. Il Maresciallo d'Italia alle 19,45 alla radio fece mettere su il disco del discorso (era un disco, Badoglio non parlò alla Radio) chediceva che "Le forze italiane di ogni luogo reagiranno ad eventuali attacchi" e mentre il disco girava lui e gli altri si preparavano a scappare. Eppure pochi giorni dopo fu pronto a salire nuovamente sul carro del vincitore "in un modo o nell'altro". Ma anche perchè la fuga a Chieti (e non a Pescara di cinque minuti, ma a Chieti con sosta di 18 ore) non è stata ancora mai raccontata. Si tace "l'indegno doppio gioco". Non è conveniente, nè ai vinti nè ai vincitori. Scapparono tutti "in blocco"! A Chieti in quella famosa notte del 9 settembre c'erano proprio tutti!
    Ma non lui, il principe Borghese! (e chi scrive c'era, i fuggiaschi erano tutti a casa mia. A Palazzo Mezzanotte). Non dimentichiamo che Borghese alla notizia dell'armistizio dell'8 settembre, come tanti altri comandanti di reparto, era rimasto privo di ordini e di indicazioni. Il suo superiore, il Duca Aimone d'Aosta, cugino del re, era uno dei tanti dileguatisi assieme al sovrano e a tanti altri suoi nobili e "non nobili" colleghi. Borghese, pur appartenendo come loro a una famiglia principesca non seguì i "traditori", rimase legato ai suoi doveri di ufficiale con le sue responsabilità; e la più importante era quella degrado morale si aggiungeva lo sfacelo pressoché totale dell'organizzazione militare e la stagnante miseria economica di questo territorio chiamato Regno del Sud. E in queste condizioni rimase fino a 1945 inoltrato. Insomma la transizione dal fascismo alla democrazia liberale diventa una commedia, una pura e semplice restaurazione fatta dai soliti "squali"; a Nord come a Sud si approfitta della situazione. Questo per quanto riguarda la politica, mentre in quella economica, che era la più importante (per non far cadere il paese in un baratro di miseria - e nel sud questa era già una realtà) alcune iene pasteggiarono su migliaia di enti, banche, industrie, associazioni. Ancora nel 1950 nessuno sapeva fare un elenco delle imprese italiane legate al "grande carro"; quelle delle partecipazioni statali, ma anche quelle private che si erano satollate di denaro pubblico con le commesse di guerra o con le congrue sovvenzioni di Stato. Non si toccò nemmeno il Testo unico di Pubblica Sicurezza del 6 Novembre 1926, non si toccò il Codice Penale del 18 Giugno 1931 (Codice Rocco) e non si toccò tutta la spina dorsale che aveva tenuto insieme il fascismo. Il tanto disprezzato "tubo vuoto" lo si prese invece "pieno". "Via i Prefetti", aveva tuonato Luigi Einaudi il 25 aprile rientrando da Parigi; "Via tutti i suoi uffici e le sue ramificazioni. Nulla deve più essere lasciato in piedi di questa macchina centralizzata. Il prefetto se ne deve andare, con le radici, il tronco, i rami e le fronde. Per fortuna, di fatto oggi (!?) in Italia l'amministrazione centralizzata é scomparsa (…) Questa macchina oramai guasta e marcia. L'Unità del Paese non é data da prefetti e da provveditorati agli studi e dagli intendenti di finanza e dai segretari comunali e dalle circolari ed istruzioni romane. L'unità del Paese é fatta dagli italiani". Non specificò chi erano questi italiani. Troppo vago. Retorica. Parole al vento. Solo buoni propositi. C'é invece l'incapacità di realizzarli dentro un sistema che non é cambiato in nulla, ha solo cambiato "la camicia", la facciata. Lui stesso, Luigi Einaudi, nominato Presidente della Repubblica nel 1948, riconfermerà molti vecchi inetti prefetti del regime (22) e ne farà degli altri che con il vecchio regime avevano iniziato la carriera, non certo per le qualità che vantavano. Sopravviveranno perfino gli "Enti autarchici territoriali" che ricorderanno al presidente il fallimento delle sue speranze di riforme. Una assurdità! Deduzione finale: o prima non c'era il marcio, oppure, se c'era - visto che fu riconfermato - il marcio rimase. Gli italiani (i poveracci, i disgraziati) non avevano contato prima, né contarono dopo. Ma per spingerli uno conto l'altro c'erano riusciti. Questo era l'obiettivo. Confondere le acque. E se a Nord gli "italiani" sparavano su altri "italiani" e se nelFriuli partigiani "italiani rossi" sparavano su partigiani "italiani bianchi", nel Sud in quello che doveva essere il Nuovo Regno dell'Italia "liberata" dai nemici le cose non andarono meglio. La polizia "italiana" (badogliana e ancora regia) anche qui sparò su altri "italiani", a Palermo, il 19 ottobre 44, su cittadini (non ribelli, banditi, killer) che reclamavano la mancanza solo del pane. Sul terreno rimasero 30 morti e 150 feriti, tutti poveri disgraziati che avevano soltanto fame.
    **********
    (…) Comunque tutto aveva, piaccia o non piaccia, contribuito a una nascente unità nazionale. Il fascismo nel periodo d'oro in qualche modo c'era riuscito (sport, imprese spettacolari, lavori ciclopici, nazionalizzazioni di banche e imprese (oggi gioielli venduti a peso d'oro). Ricordiamoci i pentimenti di autorevoli avversari del fascismo, esuli, che rientravano in Italia a chiedere perdono. E nel '40 troveremo persino alcuni di questi a incitare l'entrata in guerra!). Mussolini era riuscito perfino nella "Questione Romana"; una mossa dove avevano fallito tutti precedenti politici in settant'anni; non dimentichiamo nel '29 i Patti Lateranensi - Fascismo e Chiesa iniziarono a camminare - non sappiamo chi più ipocritamente dell'altro - a braccetto; ma se per Mussolini era puro opportunismo (lui noto anticlericale) per la Chiesa invece non c'erano dubbi: a compiere il "miracolo" era stato merito "suo", dell'"Uomo inviato dalla Provvidenza" nel giorno della Madonna di Lourdes (11 gennaio - la data fu scelta appositamente per la firma. Se andava bene, "quello" sarebbe stato per sempre ricordato come un "miracolo").
    ***********
    (…) Infatti dandosi alla fuga a costoro nemmeno gli sfiorò la mente che così comportandosi davano la palese prova che tutta la loro vita precedente era stata una farsa; vissuta nell'ipocrisia (…) Ufficiali, sottufficiali e soldati avevano giurato a lui (Il Re - N.d.r.), e lui invece scappava nell'ora più critica. Il Maresciallo d'Italia alle 19,45 alla radio fece mettere su il discodel discorso (era un disco, Badoglio
    non parlò alla Radio) che diceva che "Le forze italiane di ogni luogo reagiranno ad eventuali attacchi" e mentre il disco girava lui e gli altri si preparavano a scappare. Eppure pochi giorni dopo fu pronto a salire nuovamente sul carro del vincitore "in un modo o nell'altro". Ma anche perchè la fuga a Chieti (e non a Pescara di
    cinque minuti, ma a Chieti con sosta di 18 ore) non è stata ancora mai raccontata. Si tace "l'indegno doppio gioco". Non è conveniente, nè ai vinti nè ai vincitori. Scapparono tutti "in blocco"! A Chieti in quella famosa notte del 9 settembre c'erano proprio tutti! Ma non lui, il principe Borghese! (e chi scrive c'era, i fuggiaschi erano tutti a casa mia. A Palazzo Mezzanotte). Non dimentichiamo che Borghese alla notizia dell'armistizio dell'8 settembre, come tanti altri comandanti di reparto, era rimasto privo di ordini e di indicazioni. Il suo superiore, il Duca Aimone d'Aosta, cugino del re, era uno dei tanti dileguatisi assieme al sovrano e a tanti altri suoi nobili e "non nobili" colleghi. Borghese, pur appartenendo come loro a una famiglia principesca non seguì i "traditori", rimase legato ai suoi doveri di ufficiale con le sue responsabilità; e la più importante era quella di salvaguardare non solo l'onore della bandiera, ma prima di tutto i suoi uomini. Senza di lui gli uomini del suo reparto avrebbero fatto la stessa fine degli altri lasciati allo sbando; catturati e deportati in Germania
    (come quelli di Bolzano) o massacrati dai tedeschi (come quelli a Cefalonia, a Creta) e tanti altri. In questo periodo storico più che mai solo comandante e non Principe (i Principi scappavano ed erano impegnati più a salvare i gioielli che l'onore), Borghese si barricò con la sua X Mas a Lerici pronto a difendersi a una imposta disonorevole e infamante resa ai tedeschi. Dichiarerà
    in seguito al processo: "Se un tedesco avesse tentato di disarmare il mio reparto io avrei dovuto difendermi; in questa circostanza se fossi stato ucciso, cosa probabile, oggi sarei considerato un eroe della Resistenza". (come Gandin a Cefalonia) Questo sentimento di vergogna e le conseguenze di quella resa umiliante, la provarono in molti, per gli stessi elementari motivi di "dignità di soldato" e di "onore". Chi in un modo, chi in un altro, molti fecero la stessa scelta (e chi poteva giudicare in
    quel momento quale fosse quella giusta? Eppure molti la vorrebbero giudicare oggi). Gli altri, quelli più deboli, di scelte non ne fecero; né potevano! Interi reparti anche con molti uomini, capaci come numero di riprendere in mano la situazione forse fin dal 25 luglio) dopo l'annuncio, furono lasciati allo sbando e dovettero alzare le mani davanti a uno sconcertato ex amico diventato improvvisamente
    "nemico" di molto inferiore come numero, che quasi non credeva ai suoi occhi. Carlo Mazzantini scriverà: "Non credo di compiere un arbitrio stabilendo un parallelo di sentimenti e motivazioni etiche fra queste unità che formarono il primo nucleo dell'esercito repubblicano e quelle formazioni partigiane che sorsero dalla dissoluzione di quei reparti militari che non si arresero ai tedeschi e furono denominate "autonome", perchè non riconducibili a un partito politico o a una precisa ideologia... Scattò in alcuni un istintivo soprassalto di ribellione contro lo sfacelo, un sentimento di non accettazione della miseria morale in cui era sprofondato il paese, il bisogno di dissociarsi dalle viltà, dalle fughe, dall'abbandono; che si manifestarono nel cercarsi fra coetanei, nell'impulso a unirsi, a fare gruppo". (C. Mazzantini, " I balilla andarono a Salò", Marsilio, 1975). Mazzantini dice il vero, anche perchè, nei reparti di Borghese non erano assenti alcuni elementi di orientamento socialista, fuoriusciti politici, perfino (come lui) noti ribelli al regime fascista. Inoltre, basterebbe questo particolare. Quando in seguito gli americani dovettero organizzare in Italia delle strutture (segrete o non segrete) comunque antibolsceviche, proprio loro che avevano combattuto contro il fascismo, i capi di queste strutture, i più fidati, li scelsero proprio in quelle file che avevano prima di tutto l'orgoglio di difendere il suolo italiano da eventuali golpe di sinistra. Dei voltagabbana non ne volevano sapere. E la frase era molto lapidaria: "Chi ha tradito una volta, tradisce un'altra volta". Per questa testimonianza non
    occorrono documenti, la testimonianza è dell'autore, che dalla
    seconda metà degli anni cinquanta, era proprio dentro un reparto speciale della NATO (…).

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